Tutti i lunedì il Faqtotum Lab organizza una proiezione di un film d’autore.
Iniziamo il ciclo con “Solntse”, il capolavoro del regista russo Alexander Sokurov.
“Il sole” conclude la trilogia sul potere che il regista di origine turkmena ha iniziato nel 1999 con Moloch (su Hitler), ha proseguito nel 2002 con Taurus (su Lenin) e ha terminato con il ritratto di Hirohito, l’imperatore del Giappone durante la seconda guerra mondiale. Il sole è, se classifica si può fare, il più riuscito, il più emozionante, dei tre bellissimi film di Sokurov. Ed è necessariamente il film conclusivo, poiché Hirohito è l’imperatore che rinuncia alla propria natura divina per tornare ad essere uomo, in una metamorfosi che racchiude in sé la rifondazione del potere nel mondo contemporaneo. I temi della distanza (siderale) tra massa e individui eccezionali, quello della fragilità dell’uomo contrapposta alla perfezione crudele dei marchingegni ideali che guidano la storia, nei precedenti film emergevano soprattutto come tragici fraintendimenti della natura umana; anche qui questa riflessione è presente, ma c’è soprattutto dell’altro, perché queste suggestioni sono viste in relazione ad un uomo che sente di essere prigioniero di questo fraintendimento, che quindi è preda di un’abissale intuizione. La natura umana dell’imperatore è negata dalla tradizione, perché egli incarna l’ordine, l’immutabilità della storia, l’idea in terra; ma questo significa che le radici del suo potere sono ancora organiche, fondate dal legame tra il corpo del popolo e il corpo immateriale dell’imperatore.
Eppure il tempo di Hirohito si appresta a celebrare la vittoria del potere-macchina, del circuito astratto del potere, quello che – paradossalmente – fa ritornare persona carnale il potente. Hirohito è un personaggio postumo, quindi struggente, e pieno di presentimento. Le sequenze con gli americani sono le più rivelatrici: dall’incredibile scena in cui Hirohito viene fotografato dai soldati, come fosse un animale raro, una forma di vita scampata a drastici cambiamenti climatici, alle scene in cui Hirohito incontra McArthur, il quale inizialmente lo tratta come un criminale, ma in seguito rimarrà affascinato (e assieme impietosito) da quella divinità morente che ha di fronte. Il sole è un crepuscolo degli idoli malinconico e mistico, in cui è la stessa personificazione del potere ad agognare la propria umanità («Siamo liberi», dice l’imperatore alla moglie, sul finale del film), a desiderare di avere un corpo, ad esprimere uno struggente desiderio di conoscenza (vera, scientifica, non pregiudiziale). Ma è difficile raccontare Il sole, che ha anche come pregio – incredibile e davvero raro – quello di raccontarci la grandiosa capacità dell’uomo di creare e figurare: Sokurov sembra infatti suggerirci che è qui il divino nell’uomo, nella capacità di costruire e inventare dio, e assieme fondare la propria immagine. Con la conseguenza che Hirohito ci sembra davvero divino, perché divina è l’idea e assieme umana. La trasfigurazione terrena dell’uomo-idea è semplicemente uno dei racconti più belli del cinema di questi anni.
Il sole, di Alexander Sokurov, Russia/Italia/Francia, 2005, 110 min.
Cast: Issey Ogata, Kaori Momoi, Shiro Sano, Robert Dawson.